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Il suono del sangue aiuterà nella cura dei pazienti in emodialisi - Linear Apparecchi acustici
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Il suono del sangue aiuterà nella cura dei pazienti in emodialisi

Un innovativo metodo elaborato da ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Bergamo, presentato sulla rivista Annals of biomedical engineering, consentirà la diagnosi precoce di complicazioni in pazienti con insufficienza renale cronica, riducendo le situazioni di emergenza. Per effettuare la emodialisi ai pazienti con insufficienza renale vengono create chirurgicamente fistole arterovenose che consentono di effettuare la terapia in maniera più sicura, riducendo il rischio di coaguli e quindi di logorare le vene. Per inciso, queste fistole sono di dimensioni minori rispetto a quelle più grandi che si formano naturalmente e che proprio per le dimensioni maggiori possono determinare patologie cardiache. Le fistole create chirurgicamente sono quindi una soluzione più sicura e addirittura indispensabile per i pazienti con insufficienza renale grave, ma col tempo il loro funzionamento decade: circa il 40% diventa inutilizzabile entro un anno dall’intervento, a causa della formazione di stenosi, ossia restringimenti dei vasi che ostacolano il corretto passaggio del sangue e che spesso portano alla chiusura della fistola stessa. La formazione delle stenosi modifica il suono del flusso di sangue che le attraversa; rilevare questa variazione uditiva. permette quindi di intervenire prima che la fistola si chiuda completamente.

“Abbiamo dimostrato – spiegano Sofia Poloni e Michela Bozzetto, responsabili della ricerca presso il laboratorio di Medical Imaging del Mario Negri di Bergamo – che il suono fornisce un’indicazione indiretta del flusso di sangue che scorre nella fistola ed è quindi indicativo della sua funzionalità. Infatti i suoni provenienti dalle fistole con flusso disturbato, contraddistinte da vortici e ricircoli sanguigni, mostrano frequenze elevate (500-700 Hz), mentre in quelle con flusso regolare e minori segni di stress sulla parete vascolare i suoni sono caratterizzati principalmente da frequenze basse (100-250 Hz). L’obiettivo a lungo termine è che questo dispositivo di controllo possa essere utilizzabile dal paziente stesso”.

Lo strumento usato per compiere la ricerca è un fonendoscopio elettronico che ha consentito l’analisi quantitativa dei suoni emessi dalle fistole. In pratica, questa tecnica individua i segni di disfunzione misurando le variazioni di frequenza e intensità del suono del flusso sanguigno. I ricercatori hanno monitorato per un anno sei pazienti con fistole nell’avambraccio sottoposti a emodialisi all’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, registrando i suoni prodotti dalle loro fistole e correlando questi dati con misurazioni ecografiche del flusso sanguigno e simulazioni di fluidodinamica computazionale. Fino a oggi  l’occlusione di una fistola, spesso rilevata nel giorno stesso della emodialisi, ha costretto i medici a intervenire d’urgenza sul paziente con l’inserimento di un catetere temporaneo e a pianificare un nuovo intervento chirurgico per la creazione di un accesso vascolare alternativo per il trattamento. “Se adottato su larga scala -commenta Carmela Condemi, responsabile dell’unità di dialisi dell’Asst Papa Giovanni XXIII- questo nuovo approccio potrebbe prevenire complicazioni anche gravi nei pazienti sottoposti a emodialisi, migliorare la qualità di vita dei pazienti e ottimizzare la gestione delle risorse nei centri dialisi, oltre a ridurre i costi legati a interventi chirurgici urgenti”.