Perché non possiamo chiudere le nostre orecchie, come facciamo con occhi e bocca? Ci sono mammiferi acquatici, come foche e lontre, che quando si immergono sigillano orecchie e narici. A provare a dare una risposta razionale a questa domanda ha provato il biologo evoluzionista Jarl Giske, dell’Università di Bergen. “La risposta breve – ha spiegato Giske al sito sciencenorway – è che è passato davvero molto tempo da quando abbiamo compiuto il nostro sviluppo in acqua”. Giske si riferisce al fatto che, come per tutti gli animali terrestri, i nostri antenati più lontani si sono evoluti nell’acqua del mare, dove proteggere le orecchie è importante. Circa 380 milioni di anni fa però ci siamo trasferiti sulla terra. Qui la necessità di difendere le orecchie ha trovato soluzioni diverse: i capelli, che possono coprire le orecchie proteggendole da polvere e sporcizia, la membrana del timpano, che separa l’esterno dall’interno, anche se è talmente sottile da lasciar passare i suoni. Giske ha notato che gli animali del deserto, molto esposti alla sabbia, hanno sviluppato una soluzione simile ai capelli per ripararsi, invece di dotarsi di un meccanismo di chiusura delle orecchie come le foche. Per quanto riguarda gli uomini, secondo Giske, “avere le orecchie aperte con una membrana sottile significa che possiamo sempre sentire. E questo potrebbe aver significato la differenza tra la vita e la morte”. I primati hanno dovuto sempre difendersi dai predatori e questo è stato possibile mantenendo una soglia di attenzione alta, garantita anche dal fatto che le orecchie fossero sempre ben aperte. Al contrario le foche sono tornate a vivere in acqua, dove passano molto tempo, e per questo hanno sviluppato un sistema di chiusura che le protegge.
Esiste però un altro caso particolare di animale terrestre, ma non mammifero, che è stato studiato da alcuni ricercatori dell’Università di Anversa: quello del gallo. Il gallo può chiudere completamente le orecchie, a differenza delle galline che possono farlo soltanto parzialmente. Secondo i ricercatori si tratta di una protezione per l’alta intensità del suo canto. Lo studio ha mostrato che quando canta il gallo produce un suono che a un metro di distanza è di circa 100 decibel, ma che a distanza ravvicinatissima, come sono appunto le orecchie del gallo che lo emette, raggiunge i 142,3 decibel; un livello ben superiore a quello che è considerato il limite di tollerabilità, di 120 decibel, oltre il quale si verificano il danneggiamento o la morte delle cellule ciliate dell’orecchio interno. La possibilità di chiudere le orecchie mentre canta permette al gallo di proteggersi da sé stesso.